Marco Gualmini - Cristiano Fiore
Il recente provvedimento di conversione del Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 prevede, relativamente allo svolgimento delle udienze da remoto, una criticità a nostro avviso non marginale.
All'art. 221, si legge al comma VI: "... La partecipazione alle udienze civili di una o più parti o di uno o più difensori può avvenire, su istanza dell'interessato, mediante collegamenti audiovisivi a distanza...La parte può partecipare all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. Lo svolgimento dell'udienza...".
La scelta della locuzione "medesima postazione" si presta, temiamo, ad essere intesa inevitabilmente come riferita ad un'unica apparecchiatura e ad una sola telecamera, quali sono quelle in dotazione ai PC, notebook, tablet e smartphone.
Poiché l'ampiezza dell'angolo di visualizzazione di tali strumenti è inevitabilmente limitato, ciò costringerebbe il difensore e la parte ad essere posizionate fianco a fianco, ad una distanza sicuramente inferiore a quella che le esigenze igieniche del "distanziamento personale" imporrebbero.
Ora, se può essere accettabile la prescrizione che il collegamento simultaneo della parte e dell'avvocato avvenga all'interno dello studio del difensore (altro discorso potrebbe essere quello dei testimoni...), è evidentemente imprescindibile che esso possa legittimamente essere effettuato da diverse e distinte apparecchiature individuali, le quali consentirebbero di contemperare eventuali esigenze di unicità del luogo (appunto lo studio...) con la necessità di quella distanza di un paio di metri, particolarmente consigliata quale precauzione sanitaria ovvia.
Non sappiamo se il processo civile "da remoto" si svilupperà, ma è certo che l'aspetto igienico sanitario - che è alla sua stessa base - non può essere misconosciuto ed il problema potrebbe essere superato con una semplicissima norma specificativa, che autorizzi anche l'utilizzo simultaneo di più apparecchi, seppur nel medesimo luogo.
Tale codicillo potrebbe essere agevolmente introdotto in sede di decretazione d'urgenza, alla prima occasione, data la materia e la ratio.
Se la preoccupazione del Legislatore è relativa all'identificazione certa della parte, a questa potrebbe essere richiesto di esibire davanti alla telecamera del documento di identità, con logica simile a quella prevista per il conferimento del mandato via messaggistica Whatsapp e similari.
Dovrebbe infine - e non è questione marginale - essere consentito sia ai Giudici che al personale di cancelleria di poter operare anche al di fuori dalle stanze dei rispettivi Uffici, per i medesimi fini.
Il recente provvedimento di conversione del Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 prevede, relativamente allo svolgimento delle udienze da remoto, una criticità a nostro avviso non marginale.
All'art. 221, si legge al comma VI: "... La partecipazione alle udienze civili di una o più parti o di uno o più difensori può avvenire, su istanza dell'interessato, mediante collegamenti audiovisivi a distanza...La parte può partecipare all'udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. Lo svolgimento dell'udienza...".
La scelta della locuzione "medesima postazione" si presta, temiamo, ad essere intesa inevitabilmente come riferita ad un'unica apparecchiatura e ad una sola telecamera, quali sono quelle in dotazione ai PC, notebook, tablet e smartphone.
Poiché l'ampiezza dell'angolo di visualizzazione di tali strumenti è inevitabilmente limitato, ciò costringerebbe il difensore e la parte ad essere posizionate fianco a fianco, ad una distanza sicuramente inferiore a quella che le esigenze igieniche del "distanziamento personale" imporrebbero.
Ora, se può essere accettabile la prescrizione che il collegamento simultaneo della parte e dell'avvocato avvenga all'interno dello studio del difensore (altro discorso potrebbe essere quello dei testimoni...), è evidentemente imprescindibile che esso possa legittimamente essere effettuato da diverse e distinte apparecchiature individuali, le quali consentirebbero di contemperare eventuali esigenze di unicità del luogo (appunto lo studio...) con la necessità di quella distanza di un paio di metri, particolarmente consigliata quale precauzione sanitaria ovvia.
Non sappiamo se il processo civile "da remoto" si svilupperà, ma è certo che l'aspetto igienico sanitario - che è alla sua stessa base - non può essere misconosciuto ed il problema potrebbe essere superato con una semplicissima norma specificativa, che autorizzi anche l'utilizzo simultaneo di più apparecchi, seppur nel medesimo luogo.
Tale codicillo potrebbe essere agevolmente introdotto in sede di decretazione d'urgenza, alla prima occasione, data la materia e la ratio.
Se la preoccupazione del Legislatore è relativa all'identificazione certa della parte, a questa potrebbe essere richiesto di esibire davanti alla telecamera del documento di identità, con logica simile a quella prevista per il conferimento del mandato via messaggistica Whatsapp e similari.
Dovrebbe infine - e non è questione marginale - essere consentito sia ai Giudici che al personale di cancelleria di poter operare anche al di fuori dalle stanze dei rispettivi Uffici, per i medesimi fini.
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